da Marco Turchetti (Note) Lunedì 20 maggio 2013
alle ore 20.25
Dunque la resilienza è, per un sistema sociale, la capacità di affrontare
il cambiamento senza perdere la propria identità; è il segno dell’intelligenza
con cui una comunità affronta le proprie difficoltà, senza precludersi alle
trasformazioni ma anche mantenendo salde le proprie radici, la propria storia,
il tessuto connettivo che sostiene la vita quotidiana, gli scambi sociali, il
sistema simbolico che sostiene l’intera collettività.
E’ facile riscontrare come l’ambiente urbano sia particolarmente e
ordinariamente sfidato dall’esigenza della resilienza, ad esempio, in
particolare i centri storici e le periferie.
I centri storici, infatti, spesso
caratterizzati dalla presenza delle generazioni anziane o da elementi
organizzativi e funzionali tradizionali o potenzialmente rigidi, rischiano la
stagnazione o il degrado perché rappresentano lo spazio entro cui si
esplicitano comportamenti sociali più prossimi alla resistenza che alla
resilienza; il rifiuto del cambiamento e l’arroccamento sul passato
spesso decretano l’agonia di ambienti che appaiono sempre più estranei o
disadattati rispetto ai dinamismi di una città policentrica e
cangiante.
Le periferie, invece, pur essendo
investite da gravi problematiche legate alla qualità della convivenza e
dei servizi, beneficiano generalmente di una consistenza demografica
più giovanile, eterogenea, investita da processi di mobilità. La resilienza
urbana non può però essere considerata un processo spontaneo; necessita di una
chiara intenzionalità; è importante annotare come sia generatrice di speranze
che, se adeguatamente supportate sul piano culturale e politico, possono
preludere a forme feconde di cittadinanza.
Uno dei più riusciti esempi in Europa di rigenerazione urbana
sostenibile, rimane tuttora la città di Friburgo che ormai da 25 anni ha
attivato un processo virtuoso che l’ha portata ad essere uno dei luoghi con la
migliore qualità della vita di tutto il continente.
I cittadini friburghesi, con coraggio nel 1986, rifiutando la costruzione
di una centrale nucleare, decisero di innescare un circolo virtuoso di
rigenerazione urbana ottenendone un netto miglioramento degli standard di
qualità della vita.
Il no al nucleare ebbe da subito ricadute enormi sulle politiche
urbanistiche del Comune, che puntò da subito alla costruzione di una città di
brevi percorsi, per ridurre il traffico da autovetture e incentivando, dal 1992,
la costruzione di edifici energeticamente efficienti.
Ciò non volle dire solamente sfruttare l'energia solare per produrre
elettricità. Significò, invece, progettare in modo consapevole,
sfruttare passivamente la radiazione del sole per riscaldarsi, produrre energia
termica grazie al solare termico; il tutto utilizzando intelligenti soluzioni
architettoniche che garantiscono un'alta qualità della vita.
Il successo della politica comunale in materia di energia solare fondato
tanto sulla condivisione di obiettivi energetici, ottenuta attraverso una forte
sensibilizzazione dell'opinione pubblica, quanto sulla cooperazione di partner
appartenenti a diversi settori di attività.
La “Regione Solare” di Friburgo è diventata un modello di sviluppo che
attira tuttora l’attenzione di tutto il mondo. In nessuna altra città è
possibile trovare così tante aziende, istituti di ricerca associazioni, attività
artigianali e cittadini impegnati nell’introduzione e utilizzo dell’energia
solare.
Una delle chiavi del successo del modello solare a Friburgo è la
sua diffusa accettazione da parte della cittadinanza. La coscienza
ecologica è supportata fin dalla crescita delle nuove generazioni. Nelle scuole
si favorisce l'installazione di impianti fotovoltaici.
Ma un circolo virtuoso non si innesca da solo. Friburgo ha
perseguito la strada del dialogo e della collaborazione nei rapporti tra
cittadini e amministrazione. Questo approccio, in cui l’attenzione alle
tematiche ambientali, unite a un’efficace gestione di incentivi all’interno di
un progetto condiviso dalla cittadinanza, porta a modificare radicalmente il
mercato edilizio nel giro di pochi anni.
Questo modello di efficienza verde è stato premiato dai cittadini, che
per il 50% manifestano politicamente, ancora dopo tanti anni, l’appoggio al
maggior partito dell’amministrazione. Tutto ciò ha anche portato ad un
equilibrio in materia, che si manifesta nel costante confronto tra il Sindaco e
gli Assessorati competenti in merito alle decisioni che riguardano il territorio
e lo stile di vita dei cittadini.
La politica energetica del Comune fondamentalmente si muove attorno
a tre cardini: il risparmio attraverso la qualificazione degli edifici
esistenti; l’efficienza attraverso la promozione di sistemi di cogenerazione;
l’uso di fonti rinnovabili.
Inoltre si è intervenuti anche direttamente sul regolamento
edilizio in due direzioni: la qualificazione del patrimonio
edilizio esistente e la definizione di standard per le nuove
costruzioni.
Sono stati finanziati interventi volti a migliorare l’isolamento delle
pareti, dei tetti e dei serramenti. A Friburgo si è riusciti ad applicare questi
standard più restrittivi attraverso vincoli contrattuali nella vendita di
terreni destinati alla costruzione di abitazioni, come i quartieri modello di
Vauban e Reiselfeld.
L’assunto base della politica dei trasporti è la riduzione dei percorsi e
l’integrazione tra essi. Sul fronte della riduzione del traffico si è
incentivato lo sviluppo di mercati rionali al fine di stimolare la popolazione a
fare commissioni e acquisti a piedi, rinunciando quindi ad utilizzare
l’autovettura. Ogni giorno in ognuno dei maggiori paesi dell’Europa Occidentale
vengono asfaltati o edificati oltre cento ettari.
La domanda sorge così spontanea: come può avvenire lo sviluppo
urbanistico consumando meno suolo possibile?
La risposta per Friburgo è stata quella di puntare sullo sviluppo interno
attraverso il recupero o la riedificazione di aree all’interno della città.
Operando in questo modo, si preservano aree agricole o aree con valore
ecologico, si ringiovaniscono i quartieri e si ottimizza l’utilizzo
dell’infrastruttura esistente, evitando investimenti e cantieri per quelle
nuove.
Questo modello comporta anche qualche svantaggio come l’aumento della densità edilizia e del traffico, la perdita di superfici libere, lo squilibrio del microclima. Proprio per tali ragioni lo sviluppo interno richiede un grande lavoro di pianificazione e di dialogo con la cittadinanza con processi partecipativi particolarmente attenti.
Uno degli obiettivi raggiunti, la riduzione del fabbisogno di trasporto
attraverso una pianificazione integrata fra urbanistica e trasporti. Lo sviluppo
interno, anche attraverso una politica di rivitalizzazione della vita dei
quartieri, crea una città di brevi percorsi utilizzabili facilmente in
bicicletta, il mezzo preferito quotidianamente dal 38% dei cittadini.
Alla luce di quanto sopra e con poche elementari deduzioni non sarebbe il
caso di cominciare a fare qualche seria riflessione su quale futuro vogliamo per
la nostra città considerando semplicemente che: Ravenna è sede del Polo
Tecnologico Regionale; ci sono una quantità enorme di aree industriali da
riconvertire; è stata una delle città col maggior consumo di territorio; è
candidata per la nomina di Capitale europea della cultura 2019, è nell’urgenza
di attivare azioni di riqualificazione e rivitalizzazione del Centro Storico, è
sempre stata una città naturalmente vocata all’uso della
bicicletta........
C’è di che meditare, …….. e anche molto!
Massimo Trebbi Sono stato a Friburgo 2 volte a distanza di anni ed è sempre stato molto piacevole passeggiare nel suo centro. Non sapevo che dietro ci fossero scelte così radicali e addirittura una "regione solare". Pensavo al solito invidiabile ordine tedesco, da cui ovviamente occorre prescindere se vogliamo applicare il modello da noi. Basti riferirsi alla alla distesa di biciclette nuove parcheggiate che quì forse resisterebbero sì e no 24 ore. Ma anche così mi pare che dall'articolo si traggano spunti molto interessanti per Ravenna, a partire da quell'obiettivo di accorciare i percorsi interni che in fondo è al centro del dibattito su RCS. Ma anche il metodo seguito, del dialogo e collaborazione nei rapporti tra cittadini e amministrazione, un terreno su cui si parla tanto ma si pratica molto meno! A tale proposito, credo che questo articolo offra spunti interessanti e sia utile al dibattito nel gruppo Ravenna Centro Storico: uno strumento che per la rapidità di diffondere informazioni ha grandi potenzialità, ma che va aiutato a crescere superando la diffidenza che un po' tutti abbiamo di fronte a post lunghi o specialistici. A mio parere è auspicabile che aumentino i contributi, in particolare di chi ha competenze ma sfugge istintivamente alla verifica dei "mi piace" dei propri concittadini. Mi sono convinto in questi mesi che esprimere una opinione sia sempre un arricchimento, ovviamente tenendo conto che uno sforzo di semplicità in chi scrive, e uno sforzo di disponibilità in chi legge, sono requisiti essenziali per rendere il dialogo efficace.
Adriana Corbelli Vorrei scrivere una marea di cose. Bisognerebbe indire una bella conferenza al riguardo...
Marco Turchetti Cara Adriana Corbelli io sono a completa disposizione, fra l'altro non si partirebbe da zero, visto che già tempo fa avevamo avviato un interessante percorsoPotete chiedere direttamente ad Andrea Succi che era coinvolto con me nell'organizzazione!!!
Adriana Corbelli La resilienza la conosco, dote peraltro molto femminile... Le donne sono resilienti per natura.. È Ravenna capitale della cultura e la sua mentalità che mi danno da pensare, accipicchia.. C'è ancora tanto da fare
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