mercoledì 27 febbraio 2013

17 PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI AL PROGETTO DARSENA: LA STAZIONE


Si riporta la proposta relativa alla modifica della stazione ferroviaria, una delle ventidue riportate come sintesi del lavoro svolto dai cittadini che hanno partecipato al progetto “La darsena che vorrei”, un progetto basato sulla partecipazione dei cittadini alle scelte. 
La proposta  prevede tre ipotesi,  minima, media e mega. La proposta non è corredata da una analisi approfondita delle numerose e complesse problematiche che, realisticamente, rendono difficilmente praticabili le ipotesi più impegnative. Si pensi soltanto alla difficoltà, se non alla impossibilità, di modifica, sopraelevazione o abbassamento dei binari per ragioni tecniche ed economiche. Pertanto appare realistico concentrare l'attenzione sulla più semplice ipotesi di migliorare il collegamento pedonale, o eventualmente ciclabile, attraverso il sottopassaggio esistente fra centro città e darsena, e attrezzare meglio i due fronti della stazione. 
E' comunque interessante inquadrare queste ipotesi all'interno delle indicazioni del comune, sintetizzate nelle dichiarazioni del sindaco riportate.
http://www.romagnagazzette.com/2012/07/17/ravenna-senza-acqua-non-ce-darsena-canale-candiano-e-darsena-non-saranno-tombati/


Proposta n° 8: LA STAZIONE FERROVIARIA: UN PROBLEMA O UNA RISORSA 
Oggetto:


  1. valore aggiunto della intermodalità logistica (trasporti su acqua, ferro, gomma)
  2. sopraelevazione binari
  3. ponte pedonale e ciclabile
  4. salvaguardia della visione a cannocchiale Darsena-Città e viceversa
  5. traghetto-navetta tra le due rive
  6. tunnel sotto il canale tra le due rive
  7. eliminazione del traffico merci di passaggio
Quali proposte:
1.      proposta minima:

Realizzare un secondo fronte della stazione FF.SS rivolto alla Darsena con i relativi servizi.

Spostamento di alcune fermate bus da piazza Farini al nuovo fronte Stazione-Darsena.

Prolungamento fino alla Darsena dell’attuale sottopassaggio binari.

Realizzazione di un traghetto-navetta tra le due rive, nel punto più stretto (altezza CMC)

2.      Proposta media:
Realizzazione di un ponte pedonale a gradinata con ascensori per disabili e bici, con struttureleggere, a basso impatto visivo, con “effetto terrazza“ e vista panoramica (eventuali panchine echiostri).
In alternativa: ponte pedonale e ciclabile con analoghe strutture leggere

3.      Proposta mega: (per consentire una complessiva libera circolazione ciclo-pedonale tra Centro Storico e zona Darsena rimuovendo la barriera della Stazione FF.SS.)
Diversione del traffico merci di transito sulla tratta Rimini-Faenza
Riutilizzo di due dei binari esistenti ponendoli allo stesso livello del manto stradale, a raso, per l’installazione di un servizio T.R.C. (Trasporto Rapido Costiero) sulla tratta Rimini-Ravenna erelativa rimozione di binari in eccesso
Utilizzo della attuale Stazione FF.SS.per il servizio T.R.C.
Realizzazione di una piccola stazione ferroviaria per la gestione dello scambio treno/tram in zona Nord (a fianco del Parco Teodorico) 

Ha proposto il titolo

Loretta Merenda 

Hanno partecipato

Maria Grazia Gulminelli, Nevio Chiarini, Nicola Caramia, Bamba Seck, Giampaolo Franceschini, Enzo Morgagni, Giuseppe Dido

sabato 23 febbraio 2013

16 LA BUTEGA AD GIORGIONI, OGGI


La Butega ad Giorgioni in città dal 1888 

Maurizio Giorgioni: “L’olfatto è uno dei cinque sensi e con i profumi dei nostri prodotti si vuole stimolare proprio questo importante recettore. Il mix dei profumi delle erbe con le spezie crea infatti un odore unico e particolarissimo che attira il passante anche da lontano” 

di Paolo Giulianini 

Ravenna è una città stupenda, racchiude in sé bellezze artistiche ed architettoniche oltre che naturali che né il tempo né l’opera dell’uomo sono ancora riusciti a consumare; ma Ravenna ha anche una storia di piccoli e grandi imprenditori che nel tempo hanno costituito un punto di riferimento per i ravennati di ieri e di oggi. 
Descrivere come sono nate, cresciute ed evolute le botteghe storiche di Ravenna può completare la conoscenza della storia cittadina. 
Una di queste è quella condotta dalla famiglia Giorgioni Ricciotti che nel lontano 1888 avviò un’attività di “Drogheria e Coloniali”. 
I clienti, afferma Maurizio Giorgioni titolare dell’omonima bottega nonché presidente del sindacato erboristi di Confcommercio Ravenna, entrano in “bottega” e sono accolti dall’aroma di spezie e aromi che, con le loro fragranze, saturano l’aria e questa miscela di odori e sapori è molto apprezzata. A Ricciotti, fondatore dell’attività, successe nella gestione il figlio Giulio, che continuò l’attività del padre e abilmente la sviluppò fino ad un epoca più recente. 
Giulio, pur mantenendo la tradizionale offerta del locale apportò profonde trasformazioni che contraddistinsero il dinamismo col quale amava condurre il proprio lavoro. In quegli anni di gestione maturò la convinzione che solo il naturale, abbinato ad una sempre maggiore professionalità in campo erboristico, potesse risultare la scelta vincente per il proseguo dell’attività. 

Venendo ai giorni nostri, il locale si è ora trasformato nella conosciutissima Butega, meta anche di molti turisti che ogni anno la frequentano e proprio a loro, principalmente, è dedicato il sito di e-commerce con cui si mantiene vivo il collegamento alla città che hanno visitato. 
Ora, nella gestione, a Maurizio si è affiancato il figlio Luigi sul quale sono riposte le speranze future sul proseguimento dell’attività. 

Sig, Giorgioni può raccontarci brevemente quelle che sono state le trasformazioni che nel tempo hanno interessato la sua attività? 
“Inizialmente l’attività era improntata al commercio di coloniali (the, caffè e zucchero) prodotti di drogheria, alimentari e pasta fresca con la quale rifornivamo anche le mense delle prime fabbriche del polo chimico ravennate. La trasformazione epocale del nostro negozio però avvenne quando mio padre Giulio, nel rapporto quotidiano con i clienti, intuì il bisogno crescente che loro avevano di poter consumare prodotti naturali e non trasformati a livello industriale. Iniziammo a proporre il miele artigianale delle nostre pinete e, da allora, iniziammo a percorrere una strada che ci ha portato all’attuale gestione. Questo avvicinarsi ai prodotti naturali mi convinse a tal punto che decisi di lasciare il lavoro sicuro che avevo in una banca ravennate per buttarmi anima e corpo in questa bellissima avventura”. 
Come è cambiato il modo di rapportarsi con la clientela tra la sua gestione e quella di suo padre Giulio? 
“La trasformazione della città negli anni ‘60 e ‘70, l’avvento della grande distribuzione, la pedonalizzazione del centro storico hanno fatto sì che una serie di prodotti che offrivamo fossero sempre più acquistati solo presso i primi supermercati. Si pensi alla pasta fresca, ai sottoli ad alcuni prodotti coloniali che, presentati anche in un packaging accattivante almeno per quel tempo e supportati da grandi campagne pubblicitarie, stimolavano l’acquisto dei clienti. A quel punto visto anche il buon rapporto con la clientela che ci incoraggiava a farlo, abbiamo concentrato i nostri sforzi sull’offerta di prodotti naturali e salutistici. Il passo successivo è stato proprio quello di specializzarsi sull’erboristeria e su tutta la gamma di prodotti naturali, non dimenticando il nostro primo amore e cioè le spezie”. 
Ha qualche aneddoto da raccontarci sull’attività e su come siano state fatte scelte cruciali per lo sviluppo futuro? 
“Sì, nel 1979 un apicoltore venne in bottega da mio padre e avendo avuto una produzione molto abbondante, gli offrì il suo miele in conto vendita. 
L’esperimento fu un grande successo e da allora non abbiamo più smesso di commercializzare tali prodotti: iniziammo a capire come si poteva evolvere l’attività. Allora le erbe officinali venivano acquistate da un grossista di Bagnacavallo, il sig. Minardi. Mio padre notò che il titolare dell’ingrosso, durante gli acquisti, non gli rivolgeva mai la parola e se lo faceva era sempre molto scortese. Così, incuriosito, gli chiese come mai assumesse tale atteggiamento nei suoi confronti e la risposta del sig. Minardi fu testualmente: “In pochi mesi lei ha venduto più erbe di tutti i miei clienti e non è neppure un erborista”. Dragoni rispose: “E’ vero, io sono un commerciante, ma mio figlio diventerà un erborista” e così in effetti avvenne”. 
Come ha influito il boom economico del dopoguerra, quando il cosiddetto miracolo italiano toccò anche la città di Ravenna? 
“Per noi il boom di quegli anni è stato rappresentato dai turisti che si recavano prima in città e poi al mare. Facevano acquisti di prodotti alimentari che poi consumavano sulle spiagge. In quegli anni avevamo un banco con oltre cinquanta diversi tipi di sottaceti e delle botti dalle quali si potevano acquistare olive di primissima qualità. Era un’offerta unica per la città”. 

Quali sensi e quali gusti si vogliono stimolare nella clientela che si reca in bottega? 
“L’olfatto è uno dei cinque sensi e con i profumi dei nostri prodotti si vuole stimolare proprio questo importante recettore. Il mix dei profumi delle erbe con le spezie crea infatti un odore unico e particolarissimo che attira il passante anche da lontano”. 
Un cliente che entra in un esercizio come il suo può vedere anche strumenti ed attrezzature del passato? 
“Abbiamo strumenti e foto sia del negozio che della città risalenti a diversi anni fa. Ad esempio nel laboratorio abbiamo un paiolo gigantesco dove venivano prodotti gli infusi d’erbe, all’ingresso del negozio si possono vedere i vasi usati alla fine dell’ottocento per contenere le erbe. Poi ve ne sono di epoca più recente. Inoltre, ci sono i riconoscimenti che nel tempo hanno premiato la nostra attività e tra questi, voglio ricordare le medaglie d’oro al lavoro che sono state consegnate prima a mio nonno e poi a mio padre”. 
Ora parliamo più in generale della sua professione e con questo vogliamo rappresentare anche i suoi colleghi; sappiamo che svolgete aggiornamenti continui con professionisti del settore e stimati medici. Ci spieghi come si forma un bravo erborista e quali studi deve affrontare per esercitare tale attività. 

“Per diventare erborista si deve seguire un corso di Studi (la cosiddetta Laurea Breve) organizzato da una Università al cui interno vi sia la Facoltà di Farmacia; poi è a discrezione del discente perfezionarsi con stage presso laboratori, industrie o esercizi commerciali, a seconda del tipo di professione che vorrà svolgere (ad esempio tecnici di laboratorio). La cosa basilare, secondo me, deve essere sempre l’aggiornamento che deve avvenire anche attraverso corsi collettivi organizzati dalle nostre strutture di riferimento: Confcommercio Ravenna ed IscomEr. Attraverso queste strutture si possono contattare i migliori professionisti, stimati medici omeopati e naturopati; ad esempio, recentemente si è concluso un corso di aggiornamento organizzato dall’associazione tenuto da due medici di provata esperienza nel campo della medicina naturale, il dott. Marco Brancaleoni (medico chirurgo) e il dott. Giuseppe Leardini (medico chirurgo, esperto in omeopatia fitoterapia e agopuntura). 

E’ proprio dal contatto diretto con questi docenti che si cresce anche culturalmente, ci si confronta con i colleghi e contestualmente si apprendono nozioni che ci fanno meglio capire il funzionamento dei prodotti nel corpo umano. L’erborista moderno deve avere profonde radici nella grande tradizione erboristica italiana; per questo abbisogna di studi scientifici che avvalorino l’efficacia dei prodotti con la particolare attenzione di non ledere mai la salute del cliente, bensì di aiutare il riequilibrio dell’intero organismo. Possiamo quindi dire con convinzione che il cliente che si avvicina ad un erborista non trova solo un commerciante, ma un consulente disponibile a consigliarlo e ad indirizzarlo su alimenti e prodotti più confacenti alle sue esigenze”. 
Ai suoi clienti quali rimedi proporrebbe in preparazione dell’estate? 
“Innanzitutto consiglio di fare una disintossicazione dell’organismo dopo il periodo invernale e per questo ci sono diversi prodotti. Consiglio anche di riequilibrare l’intestino ed infine di attuare un riequilibrio dei sali e delle vitamine che in particolare in estate fanno bene alla pelle. E’ importante depurare e rafforzare l’organismo perché fegato ed intestino sono i nodi cruciali per la nostra salute. L’integrazione minerale e vitaminica aiuta a sopportare meglio gli sbalzi termici oltre a favorire una bellissima abbronzatura e a prevenire l’invecchiamento della pelle. 

Ma soprattutto consiglio loro di rivolgersi con fiducia agli erboristi che investono nella propria formazione organizzata da strutture serie e professionalmente preparate”.

venerdì 22 febbraio 2013

15 LA BUTEGA AD GIORGIONI, IERI



Liscive e cartine per sigarette.

Ricordo benissimo da bambino un signore molto magro dai capelli bianchi e un grembiulone color militare che stava al bancone dove spiccavano delle millefoglie meravigliose allo zabaione di cui andavo pazzo... Anche la cassetta da toast, che in quegli anni cominciarono a spopolare nei primi bar affollati, ricordo che era di una qualità indiscutibile.. mozzarella e prosciutto cotto tostato con il pane di Giorgioni, era una leccornia imperdibile da gustare nella latteria del quartiere Smeraldo!


La famiglia Giorgioni Ricciotti nel lontano 1888 di ritorno dall'avventura Garibalidina avviò un’attività di “Drogheria e Coloniali”. Giuseppe Giorgioni, cominciò a dedicarsi al commercio di olio e vino. Ravenna contava allora poche migliaia di abitanti e quella decina di botteghe di alimentari esistente si disperdeva tra i borghi e in alcune strade nei pressi della chiesa di San Domenico, poco distante da dove poi si costruì il mercato coperto.Con chiaro riferimento alla memoria garibaldina, i figli di Giuseppe Giorgioni ebbero nomi Ricciotti e Menotti. Entrambi seguirono le orme del genitore e in breve divennero i maggiori commercianti di alimenti della città: «La premiata ditta dei Fratelli Giorgioni». Poi Menotti si diede a fabbricare sode e liscive in un capannone di via Lametta, nel borgo San Marna, poi ampliò l'attività con il commercio all'ingrosso di petrolio, legna, carbone ma anche droghe, liquori, carte da gioco e carte... per sigarette, attività rilevata da certo Francesco Missiroli. Il suo magazzino era nel Bastione, tra  via Lametta e la Porta San Mama. 
L'altro Giorgioni, Ricciotti, aprì nella centrale via Rattazzi - poi via IV Novembre - la bottega di alimentari che poi si renderà nota e premiata come "la butega ad Giorgioni" negli ampi locali dell'ex chiesa di San Michele, quasi di fronte al mercato coperto. 
I fratelli Giorgioni acquistarono l'ex chiesa a cui destinarono interamente tutta l'attività. Al piano terra c'erano i generi alimentari ed il forno, al piano superiore l'essiccatoio per la pasta e la torrefazione del caffè. Il forno, gestito da Mario e Giorgio, figli di Menotti, chiuse alla fine degli anni Ottanta. 
In qualche pubblicità dei primi anni del Novecento è scritto che i fratelli Giorgioni producevano pane di lusso viennese, ma anche francese e i biscotti da marinaio e le paste napoletane. I molti premi acquisiti ne faceva una rivendita di prim'ordine, alla quale si rivolgevano anche gli equipaggi per approvvigionare i piroscafi. 

Una figlia di Ricciotti,la Maria, sposò Giulio che per quarant'anni portò avanti la bottega, fino al 1976, quando nell'antico edificio si resero necessari grandi lavori di ristrutturazione.
A Ravenna, Giorgioni rimase per decenni sinonimo di alimentari, di 'forno" e, ancor prima, di 'liscive', un prodotto quest'ultimo di fresca invenzione che accantonò il vecchio sistema del bucato a cenere e diede impulso all'attività del primo Giorgioni.


Gianluca Missiroli stupendo il ricordo dell'odore che si respirava in quelle botteghe! 


Fabrizia Emme quelle botti piene di olive...e cosa aveva ? delle aringhe ??? a fianco a lui il forno che si chiamava uguale... Giorgioni... me lo ricordo benissimo... abitando li vicino... come la drogheria Bellenghi e Ranzato... 

Filippo Donati questo è Giorgioni !!!!! 

Fabrizia Emme si certo che questo è Giorgioni !! dicevo che me lo ricordo benissimo come anche la drogheria di via Diaz.. 

Fabrizia Emme Bat...va bene che sono rinco...ma ancora un po ci sono....ah ah ah.. 

Filippo Donati no no la mia era una esclamazione di sorpresa, il viso mi è noto ma non riuscivo ad inquadrarlo......quando hai tempo ho una roba per te. ...


giovedì 21 febbraio 2013

14 PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI AL PROGETTO DARSENA: PISTE CICLABILI

Si riportano tre proposte, selezionate fra le ventidue riportate come sintesi del lavoro svolto dai cittadini che hanno partecipato al progetto “La darsena che vorrei”, un progetto basato sulla partecipazione dei cittadini alle scelte. Le tre proposte hanno per oggetto il miglioramento dei percorsi ciclabili relativi alla darsena di città.

Proposta n. 1 PONTE PEDONALE CICLABILE COPERTO SU VIA PERILLI

Oggetto:La darsena di città era l’inizio del porto di Ravenna, poi verso il mare c’era il canale del ‘700 per i velieri ma non ancora un porto. Alla fine della II Guerra Mondiale era rimasta la darsena ma ilcanale era senza banchine laterali. Poi nel 1957 è arrivata l’ANIC che ha risvegliato l’interesse sul porto che si è sviluppato lasciando la darsena ai margini.Oggi il turista dice: Che cos’è quest’acqua ?
Quali proposte:Se partiamo dalla stazione dove arrivano i turisti e attraversiamo la ferrovia , andiamo in viaMagazzini anteriori che porta alla darsena, ma è una via troppo trafficata in cui i pedoni sono adisagio. Invece via dei Magazzini posteriori è di fatto pedonale e percorribile e porta alla darsena e lambisce l’Almagià. IL ponte qui non si può costruire perché c’è la capitaneria. Invece verso est c’è via Perilli parallela dove si può costruire il ponte che collega questa riva alla rive gauche, dove c’è anche il Mausoleo di Teodorico.Il ponte collega le due piste pedonali e ciclabili sulle due rive deve essere rigorosamente solopedonale e ciclabile e coperto e i suoi piloni possono diventare un faro che illumina l’intera area.La parte di darsena chiusa dal ponte può diventare una area per la pesca sportiva.
Ha proposto il titolo:
Luigi Marchetti
Hanno partecipato:Marianella Sclavi

Proposta n. 7 DARSENA FUTURA- MOBILITÀ-VIABILITÀ- AREE PEDONALI- CICLABILI
Oggetto:Percorsi ciclopedonabili separati dal traffico autonomo/Ponti attraversamento candiano comedisegnate su cartina-mappa/Ciclabile per il mare/Comportamento ciclisti, codice diregolamentazione/Riduzione e razionalizzazione dl traffico nel quartiere
Quali proposte:Separazione tra percorsi e d aree ciclabili e pedonaliTratto in blu tutto ciclopedonale (riferimento cartina- mappa)Via D’Alaggio pedonale e ciclabile e sponda canale a sx. (raccordo con ciclabile del mare)Illuminazione ciclabiliSeparatori verdi con piante a radici non affioranti e soprattutto siepi che riparano dall’abbaglio di fari alti per tutte le ciclabili del quartiere blu tratteggiato Ipotesi di ulteriori strade o percorsi a traffico esclusivamente ciclopedonaleAttrezzatura pista ciclabile (rastrelliere, piazzole per la sosta ecc..)Via Trieste a senso unico (o in entrata o in uscita con preferenza per l’entrata: questione del flusso ora di punta dal mare), in relazione alla realizzazione della nuova strada di attraversamento del quartierePista ciclabile sul Ponte Mobile che sia raccordata prima e dopo con altre ciclabili per evitare rischi legati ad automobili e ad altri mezzi pesanti
Ha proposto il titolo:Elisa Renda, Marco Barlotti, Francesco Brucoli
Hanno partecipato:Ermes Donati, Daniele Giunchi, Filipponi Nazzareno, Savioli Nicolino, Maurizio La Rosa, IvanoMazzani

Proposta n. 22 CREARE PERCORSI CICLO-PEDONALI CHE SUPERINO L”OSTACOLO” FERROVIA PER, E, DALLA DARSENA
Oggetto:
La presenza della stazione ferroviaria tangente al centro storico costituisce un valore aggiunto che migliora l'accessibilità alla città. La ferrovia e la stazione stessa creano una “separazione fisica”che può essere oltrepassata per pedoni e bici, solo in punti caratteristici. Per ricucire le due parti della città è da escludere l'ipotesi di spostare o interrare la ferrovia diminuendo la capacità attrattiva del trasporto su ferro.

Quali proposte:Interventi di “minima” a basso impegno finanziario e realizzabili in tempi brevi con l'obbiettivo di aumentare l'inesistente permeabilità ciclo-pedonale fra le zone a monte e mare della stazione e ferrovia. Con riferimento alla planimetria gli interventi proposti sono:1. prolungare l'esistente sottopassaggio-binari di stazione fino alla darsena2. realizzare un nuovo sovrappasso-ponte su tutto il fascio di binari che colleghi via Gastone deFoix con la pista esistente lungo via Darsena3. realizzare un nuovo accesso alla stazione allo sbocco lato mare del prolugato sottopasso 14. ristrutturare la conformazione degli accessi al cavalca-ferrovia esistente per rendere possibilel'accesso ai ciclisti e ai portatori di handicap5. creare percorsi d'accesso ciclistici nell'esistente sotto-passo, con pendenze accettabili.

Ha proposto il titolo Marcello Martinetti
Hanno partecipato
Giorgio Turchetti, Elisa Renda, Massimiliano Montaguti

lunedì 18 febbraio 2013

13 LA BELLEZZA COME STRUMENTO DI CRESCITA: UN'OCCASIONE PER RAVENNA

  • Andrea Succi In tema di Ravenna 2019, potenzialità di sviluppo economico e occupazionale, e valorizzazione del nostro patrimonio territoriale, mi permetto di segnalare un contributo alla riflessione che comprendo un pò per addetti ai lavori, ma ritengo significativo anche per il ciclo di incontri-aperitivo "Di Martedì" che stiamo per avviare:


    "Continuate a sfruttare i vostri tesori. Donate un po' della vostra bellezza al mondo", così Philip Kotler ha ammonito gli italiani durante il World Business Forum 2012 di Milano, asserendo che le imprese hanno dimenticato il marketing puntando sulla quantità a discapito della qualità. 
    Il guru americano non si è risparmiato e ha puntato il dito sulle difficoltà del nostro Paese nel saper cogliere la "naturale evoluzione del marketing 3.0 al tempo dei social network", dove i brand sono focalizzati sul benessere dei consumatori e della società. "Il nostro mondo ha sempre più bisogno di bellezza e l'Italia deve offrirne un po' della sua". Parole chiare e precise, quelle di Kotler, che invitano l'universo delle aziende nostrane a puntare sull'arte, sulla cultura, sulla bellezza affinché i valori di cui siamo portatori non finiscano nel nulla. 
    Del resto la bellezza può essere considerata uno strumento di crescita socio-culturale ed economica del nostro Paese. Un punto dal quale l'Italia può ripartire, un elemento non solo estetico bensì dalla forte valenza economica e portatore di forza rigeneratrice. Non siamo, però, di fronte a un concetto nuovo. Filiberto Tartaglia, docente di marketing all'Università di Ferrara, nel suo libro "L'estetica del terziario. Bellezza, benessere e felicità della vita come fondamenti del marketing ritrovato", aveva già gettato le basi per un nuovo paradigma capace di descrivere e decodificare le nuove forme di valore per il consumatore. Tartaglia afferma che se tutti gli attori economici praticassero una convinta mobilitazione estetica si potrebbe praticare un marketing in linea con l'idea che la bellezza sia la forma più compiuta del valore economico e sociale. Una tesi che trova spiegazione anche in una ricerca condotta dal Censis per Fondazione Marilena Ferrari (fonte dei dati presenti in questo articolo) che mette in luce le potenzialità della bellezza in qualità di strumento capace di trasformare il Paese. 
    Un asset economico
    Parlando di bellezza è senso comune pensare al significato più universale del termine ovvero l'insieme delle qualità percepite tramite i cinque sensi che suscitano sensazioni piacevoli. 
    Astraendoci da questo concetto base, la bellezza può essere interpretata come un asset economico tanto che per il 41,3% degli italiani può essere il punto di partenza dal quale far ripartire il Paese. Una forza identitaria della nazione che non può essere messa nel cassetto, ma che deve, al contrario, essere rispolverata a partire dal business turistico, ma non solo. La bellezza dà, infatti, un apporto a un gran numero di settori quali, per esempio, abbigliamento, alimentare, legno e mobili ecc. caratterizzandosi come il cuneo delle esportazioni, come una delle molle dell'economia e, perché no, come la spinta di una parte dei consumi. 
    Ma procediamo con ordine e, prima di introdurre il valore aggiunto relativo ai singoli settori produttivi, diamo un'indicazione di quanto vale complessivamente la bellezza in Italia. Una risposta proviene dalla ricerca Censis che stima che il bello pesa sulla produzione di ricchezza circa il 5,4% ovvero che ogni anno il valore aggiunto realizzato dalla bellezza è di 74,2 miliardi di euro. Un dato complessivo che naturalmente trova applicazioni diverse a seconda del settore preso in considerazione: vi sono degli ambiti come turismo o abbigliamento dove al concetto del bello può corrispondere un valore alto, oppure settori quali industria pesante o petrolifera dove l'apporto della bellezza è inesistente. In ogni caso la bellezza conferisce un valore, che può essere limitato come nel food dove si registra circa un 5% di significato aggiunto (2,3 miliardi di euro), oppure rilevante come nel tessile, abbigliamento e accessori con un risultato di 6,8 miliardi. 
    E poi vi sono settori, come quello già precedentemente citato dei mobili e arredi, nei quali il peso della bellezza è molto alto e rappresenta il segno di un made in Italy riconosciuto in tutto il mondo e che, nel caso del settore arredamento, da solo raggiunge circa l'1% della ricchezza prodotta in Italia. Ma anche l'industria meccanica dove automobili ed elettrodomestici italiani sono competitivi anche grazie a un design accattivante che in alcuni casi va a riequilibrare una minore competitività registrata nei costi o in ambito tecnologico. Primo su tutti il settore dei beni culturali dove il valore aggiunto raggiunge i 17 miliardi di euro. Del resto in materia di national branding secondo la classifica Country Brand Index 2012-2013 di FutureBrand il nostro Paese, pur in discesa di cinque posizioni nella graduatoria complessiva rispetto a quella dell'anno precedente, si colloca al primo posto per arte, cultura----- e turismo. Asset questi che potrebbero essere declinati nell'export facendo leva sul made in Italy. 
    Un valore in diminuzione
    Nel 2000 il valore aggiunto della bellezza era superiore a quello attuale. In Italia il contributo derivante dal bello totalizzava una percentuale pari a 6,1 impiegando 1.450.000 di persone ovvero il 6,3% degli occupati in quel periodo. Le cose oggi non stanno più così. A distanza di dieci anni la quota di valore aggiunto proveniente dalla bellezza si attesta a 5,4%, dando lavoro a 1.370.000 addetti (5,6%). "L'Italia sta perdendo sempre più la sua capacità di aggredire i mercati internazionali e produrre ricchezza, non solo a favore dei Paesi emergenti come Cina, India e Vietnam, ma anche di Germania, Francia e Stati Uniti. 
    Ciò significa che abbiamo perso la capacità di differenziarci, di far valere il nostro essere italiani. La bellezza è nel nostro Dna e dovremmo riappropriarcene per salvare il Paese". Con queste parole Giulio De Rita, curatore della ricerca Censis, sottolinea come il Belpaese stia arretrando in tema di produzione di bellezza in molti settori i quali dovrebbero, invece, sfruttare il patrimonio presente sul territorio e la considerazione internazionale di cui gode l'Italia. 
    E così, dati alla mano, la bellezza sta diventando meno incisiva sul piano industriale in molti comparti dove originariamente era da ritenersi uno degli elementi fondamentali. Un made in Italy sbiadito che rischia di lasciare il passo ad altri Paesi. Forse l'Italia dovrebbe abbandonare la miopia tipica del nostro Paese nel valutare o meglio sottovalutare la valenza economica della bellezza e cominciare a ragionare sul patrimonio culturale e sulle ricadute economiche nei settori produttivi. Parola anche di Kotler.

Massimo Trebbi Interessante. Per chi non l'ha letto: non è riferito, come potrebbe apparire dal titolo, tanto alla bellezza delle persone, quanto alla valorizzazione del bello e del piacevole in generale e alle attività culturali, commerciali e produttive relative. Dalla moda alla gastronomia, dall'ambiente ai musei, attività in cui l'Italia eccelle. E Ravenna di opportunità da valorizzare ne ha tante!


Adriana Corbelli E' ma non basta! .... una sassaiola arida può essere molto più bella, dipende da come i suoi cittadini la amano, la rispettano, la vivono 
Massimo Trebbi D'accordo, ma per amare la propria città occorre quantomeno accettare di condividerne la cittadinanza con persone che la pensano in altro modo, da ascoltare e, possibilmente, con cui collaborare per migliorarla, questa città. Purtroppo mi sembra invece che il clima sia sempre più di intolleranza reciproca, con l'aggravante che il dilagante atteggiamento di insofferenza e critica spesso è supportato più che da analisi razionali, da slogan superficiali e ripetuti, quasi si trattasse di tifo calcistico. Certamente complice la crisi, che inasprisce gli animi e la campagna elettorale, che imbarbarisce e cristallizza le opinioni. Per non parlare del bombardamento di notizie sulla corruzione dilagante, una costante del nostro sistema di potere. Però, se non cerchiamo di cambiare approccio...

Italo Boccafogli  Forse lo sapete già e dunque scopro l'acqua calda, ma legambiente una legge sulla bellezza l'ha scritta. Ora, in campagna elettorale, SEL la fa propria e da qualche parte, in qualche incontro, ne parla. Io credo però che la Bellezza, come tanti altri importantissimi valori, necessiti di una condizione preliminare rappresentata semplicemente dall'onestà. Le Mafie, ma anche l'interesse economico di tanta imprenditoria, per esempio, hanno devastato il nostro territorio. E' la disonestà che distrugge la bellezza e non ci può essere bellezza se non in uno Stato Onesto. Credo che la Questione Morale sia premessa ad ogni altra giusta aspirazione, anche al lavoro per tanti. Spero di non essere uscito dal tema. E complimenti al blog.
Italia, bellezza, futuro: LA LEGGE | Legambiente www.legambiente.it

La bellezza, il nostro futuro

La bellezza è il meglio della nostra identità. E la chiave per immaginare un futuro oltre la crisi. L'Italia ha bisogno di bellezza. La bellezza ha bisogno di essere difesa e valorizzata. Anche con una legge.   

domenica 10 febbraio 2013

12 RICORDATE IL RISTORANTE SCAI'? E CHILO?

  • SCAI'

    Gianluca Missiroli 
    Ricordo bene in piazza Baracca il Ristorante Scaì frequentato spesso con la famiglia a metà degli anni 70...trasformato poi in pizzeria dalle esigenze di mercato ha chiuso nel 1985.

    Un tavolo sempre disponibile per Enrico Mattei e una prenotazione a nome dello scià di Persia sono segnati nel curriculum vita di una antica trattoria nel borgo più popoloso di Ravenna al tempo intitolato al repubblicano Aurelio Saffi.
    Non lontano dalla Porta Adriana, poco prima di immettersi in via Maggiore nei primi 900 era già aperta l'osteria Scaì che di nome in realtà faceva Ansani. In faccia a porta Adriana si spalancava il Foro Boario dove ogni Sabato si teneva il mercato delle bestie, che attirava persone d'ogni ceto: agrari, sensali, fattori, commercianti, faccendieri e operai in cerca di lavoro. Vi erano anche quelli a chiamata giornaliera che abitualmente si ritrovavano vicino al ponte del Montone Abbandonato oppure davanti all'osteria dell'Ansani.
    Essendo il locale affacciato al mercato, l'osteria Scaì era bazzicata fin dal mattino presto, quando l’odore di pesce fritto si dileguava nella lunga piazza in fermento. Era il cibo che gli operai consumavano sui malmessi tavolini dell'osteria o era accartocciato per essere mangiato altrove, spesso era pesce azzurro neanche tanto fresco ma ricco di gusto e dava alternativa alle uova sode e a formaggio normalmente stantio che di solito sfamava la povera gente che lavorava. Anche a pranzo e a cena, si ripeteva lo stesso rito. 
    L'osteria era al piano terra di un bel edificio a due piani che una rara fotografia ci mostra, probabilmente una volta casamatta comunale o daziaria a presidio della Porta.
    Negli anni Venti Scaì, già trattoria, era ben conosciuta anche oltre il borgo e divenne presto sede di ritrovo per agiati commercianti, professionisti e convenzionali banchetti o pranzi solenni come matrimoni. Si andava specialmente per la rinomata qualità del bollito ma anche dei cibi in generale. L'immobile fu poi ristrutturato e ne derivò una signorile casa a due piani alti con belle vetrine sulle grandi sale. 
    Una fotografia usata per la cartolina pubblicitaria,ci mostra il moderno «Ristorante Scaì» col tipico tendone a strisce aperto nei mesi estivi che faceva ombra alla possibilità di mangiare anche all’aperto. Francesco Ansani, il vecchio Scaì, nei primi anni Sessanta lasciò per dedicarsi al nuovo e ben avviato ristorante Classensis, a Classe che la competenza di Giacomo Drudi e la moglie Francesca aveva reso apprezzabile in poco tempo, si scambiarono così il locale. 
    Giacomo Drudi seppe tener alta la bandiera del bollito' e rendere felici i vecchi clienti di Scaì, tra i quali v'era tutta la dirigenza dello stabilimento Anic appena realizzato fra cui il famoso Enrico Mattei, presidente dell'Eni. «Veniva in cucina a salutarmi. Era gentilissimo, un signore» ricordava la Francesca e portava alla mia tavola tutte le personalità che venivano a visitare lo stabilimento, fiore all'occhiello della petrolchimica. Fila di auto blu, ricordava la Francesca, con autisti col berretto e signori potenti si potevano vedere in piazza Baracca.
    Doveva venire anche lo scià di Persia, la prenotazione aveva fissato una data e avrebbe dovuto fermarsi a colazione, ospite di Mattei, poi quel giorno non venne.«Quante volte Enrico Mattei ha mangiato da noi! Col brodo del bollito si facevano i passatelli e a lui piacevano tanto... ma pure i cappelletti in brodo!!».I coniugi Drudi furono ben presto aiutati dal giovane figlio, fino al 1985.Quando questi decise di ritirarsi il ristorante aveva mantenuto lo stesso alone di prestigio che aveva quando il padre Giacomo lo rilevò nel 1964.

    CHILO

    Gianluca Missiroli 

    Nel borgo San Biagio, allora sobborgo Saffi era ben conosciuta l'osteria con uso di cucina di Guglielmo Valentini, detto Chilo di cui tutti "noi" abbiamo chiara memoria. Era in Via Maggiore dalla parte opposta del Gallo che ancora oggi invece lavora. In origine essa era l'ottocentesco stallatico detta la Gallina che Valentini acquistò nel 1929 trasformandolo in osteria. In realtà la prima osteria era in un edificio al lato opposto della strada, non distante dalla nota trattoria del Gallo, tutt'ora esistente.

    Sotto la gestione del figlio Mario i suoi locali divennero, per così dire, raffinati: legno color mogano alle pareti, banco massiccio con rifiniture in ottone, saletta per le cene intime e ottima cucina gustata non più da birocciai, sensali o operai, ma da avvocati, tecnici, turisti. Ai fornelli c'era la «Narda» con il merito di fare ottimi piatti, speciali si diceva, così buoni in nessun’altra trattoria li facevano. Si vantava di preparare tutti i giorni dalle 70 alle 100 «uova di tagliatelle ». Per non parlare dei passatelli che costituivano il segreto mai svelato della trattoria Chilo. Il figlio Mario era in sala e raccontava come Monica Vitti ed il regista Antonioni che a Ravenna in quei giorni 'giravano' Deserto rosso, frequentassero il locale. Anche Ugo Tognazzi spesso veniva a quella tavola per il pollo alla cacciatora che si diceva eccellente. 

    Per buoni vent'anni è proseguita l’attività di Chilo, poi, con la sua morte, il locale è stato ristrutturato per riaprire con più lussuosi ambienti e raffinata cucina.Ricordo anche di qualche mio amico che prima della chiusura ci ha lavorato.
    Oggi con il nome di La vecchia falegnameria il locale è gestito dalla figlia un poco più avanti nella zona in cui la via maggiore si trasforma in Faentina



















11 GASTRONOMIA IN CENTRO



  • Nevio Ronconi Sembra un rosone, vero? È saraghina al sale di Cervia disposta in botticella di rovere e pressata per eliminare il liquido della salatura. Da provare la colatura di saraghina: eccellente! Sono prodotti da Adler.
    Sabine Deraeve Bellissimo! 
    Pino Gagliardi un po' troppo Brie Van de Kamp hihi 
    Nevio Ronconi La parte casalinga viene dopo... :-)) ma che perfezionismo decorativo eh? 
    Pino Gagliardi appunto! 
    Angela Schiavina Sono buonissime. Pane abbrustolito, pochissimo burro e i filetti. 
    Serena Fagnocchi Oddio, quanto vorrei la colatura!! 

    Nevio Ronconi Semplice! Si trova nei negozi di gastronomia, da Marchesini o alla Coop. Oppure da Adler (che la produce) a Cesenatico sulla statale 
    Angela Schiavina Anche dalla Luna di pane in via Port'Aurea a Ravenna sono in vendita i prodotti da Adler 
    Nevio Ronconi Luna di Pane ha anche degli ottimi formaggi...e tanto altro! 
    Daniela Brancati fantastico ma chi le ha disposte in quel modo nel piatto? 
    Nevio Ronconi Sono donne pazienti, veloci e abilissime che dispongono in botticelle (alte circa 15 o 30 cm.) di rovere la saraghina a più strati. La botticella poi viene coperta con un peso che fa sgocciolare il pesce. Il meraviglioso risultato è quello che vedi 
    Massimo Trebbi Domande agli esperti:1 come si usa la colatura? 2 in un antipasto/cena si sposano con bottarga e salmone o pesce spada analogamente trattati? 3 vini suggeriti? 4 acquisti di questi ultimi da Alpine? 
    Nevio Ronconi Risposte di un appassionato:1- la colatura è ottima con spaghetti cotti al dente in acqua senza sale. La pasta va versata in una grande ciotola contenente il condimento. Il condimento va preparato a freddo. Per una persona: un cucchiaio di colatura, due cucchiai di olio, ed emulsionare con una forchetta. Poi aggiungere un cucchiaino di erba cipollina tagliuzzata, un po' di pepe. Condire la pasta e impiattare. Una grattugiata di bottarga di muggine ci sta benissimo! E volendo anche un po' di pecorino  
    Vini da abbinare: un buon spumante secco (Franciacorta, Trento doc...) o un sangiovese abbastanza giovane (enoteca di via Paolo Costa -Ra) 
    Nevio Ronconi Su salmone e pesce spada non ho mai provato. A naso penso sia meglio su pesce spada 
    Massimo Trebbi Ricetta interessante, grazie, la proveremo. Salmone e pesce spada li intendevo affumicati, per tartine. Di tanto in tanto, vigilia di Natale o altro, ci piace cenare con piatti di pesce conservato, magari con aggiunta di un buon rifreddo di tonno! Mi sembra che queste alici arricchiscano la scelta fino ad ora legata ai prodotti di eccellenza che trovo sopratutto da Alpine! Abbinamento con spumante secco ottimo, non ho provato l'altro.