domenica 10 febbraio 2013

12 RICORDATE IL RISTORANTE SCAI'? E CHILO?

  • SCAI'

    Gianluca Missiroli 
    Ricordo bene in piazza Baracca il Ristorante Scaì frequentato spesso con la famiglia a metà degli anni 70...trasformato poi in pizzeria dalle esigenze di mercato ha chiuso nel 1985.

    Un tavolo sempre disponibile per Enrico Mattei e una prenotazione a nome dello scià di Persia sono segnati nel curriculum vita di una antica trattoria nel borgo più popoloso di Ravenna al tempo intitolato al repubblicano Aurelio Saffi.
    Non lontano dalla Porta Adriana, poco prima di immettersi in via Maggiore nei primi 900 era già aperta l'osteria Scaì che di nome in realtà faceva Ansani. In faccia a porta Adriana si spalancava il Foro Boario dove ogni Sabato si teneva il mercato delle bestie, che attirava persone d'ogni ceto: agrari, sensali, fattori, commercianti, faccendieri e operai in cerca di lavoro. Vi erano anche quelli a chiamata giornaliera che abitualmente si ritrovavano vicino al ponte del Montone Abbandonato oppure davanti all'osteria dell'Ansani.
    Essendo il locale affacciato al mercato, l'osteria Scaì era bazzicata fin dal mattino presto, quando l’odore di pesce fritto si dileguava nella lunga piazza in fermento. Era il cibo che gli operai consumavano sui malmessi tavolini dell'osteria o era accartocciato per essere mangiato altrove, spesso era pesce azzurro neanche tanto fresco ma ricco di gusto e dava alternativa alle uova sode e a formaggio normalmente stantio che di solito sfamava la povera gente che lavorava. Anche a pranzo e a cena, si ripeteva lo stesso rito. 
    L'osteria era al piano terra di un bel edificio a due piani che una rara fotografia ci mostra, probabilmente una volta casamatta comunale o daziaria a presidio della Porta.
    Negli anni Venti Scaì, già trattoria, era ben conosciuta anche oltre il borgo e divenne presto sede di ritrovo per agiati commercianti, professionisti e convenzionali banchetti o pranzi solenni come matrimoni. Si andava specialmente per la rinomata qualità del bollito ma anche dei cibi in generale. L'immobile fu poi ristrutturato e ne derivò una signorile casa a due piani alti con belle vetrine sulle grandi sale. 
    Una fotografia usata per la cartolina pubblicitaria,ci mostra il moderno «Ristorante Scaì» col tipico tendone a strisce aperto nei mesi estivi che faceva ombra alla possibilità di mangiare anche all’aperto. Francesco Ansani, il vecchio Scaì, nei primi anni Sessanta lasciò per dedicarsi al nuovo e ben avviato ristorante Classensis, a Classe che la competenza di Giacomo Drudi e la moglie Francesca aveva reso apprezzabile in poco tempo, si scambiarono così il locale. 
    Giacomo Drudi seppe tener alta la bandiera del bollito' e rendere felici i vecchi clienti di Scaì, tra i quali v'era tutta la dirigenza dello stabilimento Anic appena realizzato fra cui il famoso Enrico Mattei, presidente dell'Eni. «Veniva in cucina a salutarmi. Era gentilissimo, un signore» ricordava la Francesca e portava alla mia tavola tutte le personalità che venivano a visitare lo stabilimento, fiore all'occhiello della petrolchimica. Fila di auto blu, ricordava la Francesca, con autisti col berretto e signori potenti si potevano vedere in piazza Baracca.
    Doveva venire anche lo scià di Persia, la prenotazione aveva fissato una data e avrebbe dovuto fermarsi a colazione, ospite di Mattei, poi quel giorno non venne.«Quante volte Enrico Mattei ha mangiato da noi! Col brodo del bollito si facevano i passatelli e a lui piacevano tanto... ma pure i cappelletti in brodo!!».I coniugi Drudi furono ben presto aiutati dal giovane figlio, fino al 1985.Quando questi decise di ritirarsi il ristorante aveva mantenuto lo stesso alone di prestigio che aveva quando il padre Giacomo lo rilevò nel 1964.

    CHILO

    Gianluca Missiroli 

    Nel borgo San Biagio, allora sobborgo Saffi era ben conosciuta l'osteria con uso di cucina di Guglielmo Valentini, detto Chilo di cui tutti "noi" abbiamo chiara memoria. Era in Via Maggiore dalla parte opposta del Gallo che ancora oggi invece lavora. In origine essa era l'ottocentesco stallatico detta la Gallina che Valentini acquistò nel 1929 trasformandolo in osteria. In realtà la prima osteria era in un edificio al lato opposto della strada, non distante dalla nota trattoria del Gallo, tutt'ora esistente.

    Sotto la gestione del figlio Mario i suoi locali divennero, per così dire, raffinati: legno color mogano alle pareti, banco massiccio con rifiniture in ottone, saletta per le cene intime e ottima cucina gustata non più da birocciai, sensali o operai, ma da avvocati, tecnici, turisti. Ai fornelli c'era la «Narda» con il merito di fare ottimi piatti, speciali si diceva, così buoni in nessun’altra trattoria li facevano. Si vantava di preparare tutti i giorni dalle 70 alle 100 «uova di tagliatelle ». Per non parlare dei passatelli che costituivano il segreto mai svelato della trattoria Chilo. Il figlio Mario era in sala e raccontava come Monica Vitti ed il regista Antonioni che a Ravenna in quei giorni 'giravano' Deserto rosso, frequentassero il locale. Anche Ugo Tognazzi spesso veniva a quella tavola per il pollo alla cacciatora che si diceva eccellente. 

    Per buoni vent'anni è proseguita l’attività di Chilo, poi, con la sua morte, il locale è stato ristrutturato per riaprire con più lussuosi ambienti e raffinata cucina.Ricordo anche di qualche mio amico che prima della chiusura ci ha lavorato.
    Oggi con il nome di La vecchia falegnameria il locale è gestito dalla figlia un poco più avanti nella zona in cui la via maggiore si trasforma in Faentina



















Nessun commento:

Posta un commento